Libere consultazioni
Qualcuno una volta scrisse che il non saper reagire ad una sconfitta, è peggiore della sconfitta stessa. Probabilmente è così, o probabilmente, peggio ancora è mascherarla e non accettarla, con tutti gli insegnamenti che sempre porta, ed ostentare una vittoria con il sorriso forzato e lo sguardo impaurito, di chi ha appena letto il conto del ristorante e sa di non avere i soldi per pagare.
Sono appena finite le consultazioni, se così vogliamo chiamarle, tra Renzi e Grillo. Pardon, PD e Movimento 5 Stelle. L’attesa e le telecamere danno il senso di quello che sta accadendo, mostrando in un orario insolito, un programma da prima serata, il reality show più seguito negli ultimi anni, quello della politica. Da quando si è deciso, erroneamente, che la politica non sarebbe più stata cosa di pochi, ma cosa di tutti, rendendola, drammaticamente, cosa di nessuno. Si spengono le luci e le attese, le previsioni, le strategie, lasciano spazio alla realtà, a quello che è, realmente accaduto, in quell’aula. Un Grillo urlante, un Renzi impaurito, preso alla sprovvista, come un bullo di quartiere qualsiasi, che si trova davanti il fratello maggiore dello sfigato, a cui, ogni giorno ruba la merenda. Un Renzi ingenuo, presuntuoso, impreparato. Un Renzi che credeva di reggere il confronto, raccontando una storiella, a chi sa la storia vera. Un Renzi, che se non stesse lì per formare un governo illegittimo, farebbe perfino un po’ pena. Dall’altra parte, il solito Grillo, quello che non ti fa parlare, il Grillo che ti attacca con l’aggressività tipica delle persone incazzate, delle persone stanche, ma anche con la sicurezza di chi le cose le sa e non ha paura a dirle. Un Grillo con una rabbia diversa, di chi non vuole più ascoltare, perché ha già sentito troppo. Un Grillo, però, con la rabbia pura di chi è libero dal pensiero di essere accettato, applaudito o capito. Cercare consensi è sintomo di mediocrità e forse questo Grillo lo sa bene.
Grillo avrebbe certamente potuto e dovuto, cercare un confronto più aperto. Era chiaro come non volesse trovarsi lì, costretto da quell’arma a doppio taglio, di cui ci si dimentica troppo spesso la pericolosità, chiamata rete. Lasciando parlare Renzi, però, avrebbe potuto smontarne pezzo per pezzo il programma, infliggendogli un knock-out non solo mediatico, ma anche politico. Non avrebbe, inoltre, lasciato spazio alle solite critiche che lo vogliono, autoritario, confusionario, arrogante e volgare. Ma cosa ancor più importante, non avrebbe dato a Renzi l’illusione di sentirsi vittima e gentiluomo, allo stesso tempo.
Sono stati fatti errori, anche banali, ma errori sinceri. Gli errori di chi non ha più interesse a parlare con chi, deludendo ogni speranza di rinnovo generazionale, sembra rappresentare la solita politica che, per fare due rapidi esempi, ha portato la disoccupazione giovanile al 40% e 50mila imprese al fallimento in soli 5 anni. Grillo, forse in un modo poco consono all’ipocrisia del contesto istituzionale, ha voluto costruire un muro tra lui e la falsità tipica di chi, probabilmente persuaso dal fascino del miglior Dorian Gray, è interessato solo a mantenere giovane e intatta l’apparenza, fregandosene dell’essere.
Ben vengano, allora, le urla, le esagerazioni e la libertà di decidere con chi parlare e con chi non farlo. Basta alla logica del buon viso a cattivo gioco. Basta. Basta anche con il finto moralismo e con le etichette da mantenere. Siamo in guerra e stiamo pensando al vestito da metterci. Siamo in guerra e continuiamo a far finta che i botti che sentiamo sempre più vicini, siano solo bambini che giocano con i petardi di capodanno.
Perché chi critica la forma, è colui che non ne capisce o ha paura di capirne i contenuti. E scandalizzarsi per un “vaffanculo”, mentre con le tagliole annientano le opposizioni, regalano soldi alle banche private e svendono il futuro dei nostri figli, insieme al passato dei nostri nonni, è un comportamento ipocrita, fazioso, triste, misero.
È come vivere una vita priva di valori e di ideali, dove si è sempre pronti a tradire un’amicizia, la parola data, la propria famiglia e poi offendersi, se qualcuno ce lo fa notare.